OCEAN VIKING A MARSIGLIA: NON SI È ANCORA RAGGIUNTO IL PUNTO

OCEAN VIKING A MARSIGLIA: NON SI È ANCORA RAGGIUNTO IL PUNTO

Le recenti discussioni sulla Ocean Viking, al di là della modestia dei toni e dei contenuti, dimostrano che sul tema della rotta mediterranea non si sia ancora raggiunto il punto, ovvero che non si verte semplicemente di immigrazione clandestina e di violazione delle frontiere, ma di tratta di esseri umani.

Il punto, infatti, non è negoziare la distribuzione degli arrivi tra i paesi europei, ma la soppressione – non escludendo mezzi cinetici all’occorrenza – del transito attraverso la Libia e la sua sostituzione con un’ordinaria politica degli ingressi, che venga svolta attraverso canali formali e legittimi.

La solidarietà sta manifestando in progressiva evidenza il proprio “vulnus”: diversamente dalla carità, che presuppone la gratuità e la perdita economica di chi la esercita, la solidarietà umanitaria si sta dimostrando non solo un vero e proprio mestiere, ma anche un trampolino di lancio verso incarichi redditizi a spese del contribuente: vuoi nelle organizzazioni internazionali, vuoi nelle amministrazioni interne degli Stati, questi nuovi campioni morali della solidarietà in realtà viaggiano su autostrade reddituali di non scarsa rilevanza.

Il metodo, che dall’inizio della nostra esperienza stiamo cercando di seguire, sta nella scomposizione dei problemi e nella contestualizzazione dei singoli elementi che li compongono.

1.- I migranti africani e bengalesi che provengono dal territorio libico sono o non sono ridotti in schiavitù durante il loro transito?

I migranti italiani – che vengono frequentemente e strumentalmente utilizzati come termine di paragone – sono mai stati acquistati come merce durante i propri percorsi verso l’Europa centrale e le Americhe? Già questo deve servire ad inquadrare la migrazione attuale attraverso il territorio libico – sono escluse da questo discorso le altre rotte, come quella balcanica – come un fenomeno specificamente vergognoso che non ha altri analoghi precedenti sul territorio italiano.

2.- I naufragi sono episodi sporadici ed occasionali o sono una fase specifica di un percorso che prevede già dalla programmazione l’impiego di due differenti unità: il gommone per un primo breve tratto e le imbarcazioni di soccorso?

3.- Chi e preposto all’attività di pattugliamento e soccorso in mare? Il naviglio privato o quello governativo?

4.- Il naviglio privato che funzione ha? Il trasporto? E quali sarebbero le rotte ed il carico delle navi operate dalle ONG?

5.- La violazione della disciplina dell’ingresso costituisce causa di offensività del transito navale straniero, che legittimi il ricorso al fuoco oltreché l’esercizio degli ordinari strumenti di repressione penale?

Rispondere espressamente ai retroestesi quesiti costituirebbe un’offesa all’intelligenza del lettore.

Il fatto che la Francia abbia occasionalmente – e prevedibilmente eccezionalmente senza ulteriori possibilità di reiterazione – i propri porti non costituisce un rimedio oggettivo alla tratta di esseri umani, ma la sostanziale acquiescenza di un’altra nazione oltre alla nostra nei confronti di un crimine internazionale particolarmente odioso e supportato da una pluralità di ulteriori crimini ancora più gravi, comunque finalizzati a garantire redditività alla tratta, come: l’omicidio, la tortura, lo stupro, la prostituzione forzata, la schiavitù sessuale, la vendita di organi.

Come anticipato nel precedente intervento, il semplicismo nell’approccio al tema da parte dell’attuale Governo – per non parlare del più ben grave atteggiamento dimostrato in quelli precedenti a decorrere quanto meno dal 2013 – ci lascia ancora qui fermi sotto l’iniziativa di gruppi armati criminali beduini del deserto libico, senza aver ancora attivato i passaggi successivi alla soluzione della tratta, tra cui la regolarizzazione dei flussi.

Ma allora si pone un quesito: vogliamo veramente credere che l’iniziativa politica dell’intera Unione Europea sia tenuta in scacco da Mohamed Boss o da qualche altro collega libico o nigerino, o dobbiamo ricercare il vero nemico all’interno della nostra stessa comunità?



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