F2.- LA TRAVERSATA DEL DESERTO

Le città di Gao ed Agadez sono il capolinea delle ordinarie vie di comunicazione interne.

Per quanto si tratti di cittadine situate sul suolo di Stati sovrani e non ancora destabilizzati (entrambe costituivano peraltro mera di turismo esotico fino al radicamento dell’insorgenza islamista), nel loro territorio si manifesta per la prima volta una sorta di sovranità dei mercanti di schiavi.

Il primo segno di questa sovranità è dato dai luoghi di concentramento dei migranti, denominati ghettos o foyers a seconda della lingua adottata: si tratta di piccole strutture abitative, generalmente di un unico piano terreno, munite di servizi alquanto ridotti e fatiscenti (per capirci: un paio di rubinetti ed una latrina per più di un centinaio di persone di media), se non del tutto prive, circondate da cortili piuttosto ampi e cintati da un muro perimetrale.

La vita vi si svolge prevalentemente all’aperto: i migranti per la prima volta vi provano l’esperienza della privazione della libertà personale. L’ingresso è infatti vigilato e la circolazione per le vie cittadine non è tollerata dalle locali forze di polizia.

La gestione dei foyers è affidata ai coxeurs, di etnia prevalentemente sub-sahariana (anche in Libia sono i coxeurs sub-sahariani ad occuparsene).

Ad Agadez nel tardo pomeriggio del lunedì, all’imbrunire (il tramonto a quelle latitudini è prossimo alle 18.00 tutto l’anno), i pick-up dei trafficanti si presentano nei foyers e caricano i passeggeri: tra le venti e le trenta persone per veicolo. Una quindicina è caricata sulle sponde del cassone a cavallo di bastoni di legno conficcati tra le sponde stesse e le taniche d’acqua e carburante disposte sul fondo del pianale; un’altra quindicina su tre file all’interno del pianale del cassone.

Gli autisti sono sempre in due, per potersi alternare alla guida riducendo il più possibile le soste. Sono anche armati, generalmente di fucili e di coltelli per autodifesa sia dagli attacchi esterni di eventuali predoni (il termine è ormai inconsueto, ma è forse il più appropriato per descrivere chi tenta di depredare i migranti in viaggio), sia da eventuali resistenze dei passeggeri alle violenze esercitate nei loro confronti. Per le donne, talvolta accompagnate dai loro bambini, l’attraversamento del deserto è accompagnato dall’assoggettamento allo stupro da parte dei conducenti dei veicoli.

La partenza avviene settimanalmente il lunedì perché è il giorno di esercitazione dei militari, che organizzano un’autocolonna di pattuglia nel deserto. La colonna di fatto bonifica la prima parte bel tragitto che attraverso il Ténéré porta al Fezzan libico. I pick-up, dunque, dopo aver raccolto i passeggeri nei singoli foyers situati nella cittadina si radunano tutti un ampio spiazzo situato nella sua periferia, dove vengono controllati dai militari, per verificare che ogni singola organizzazione abbia regolarmente pagato la protezione della loro autocolonna.

Decine di veicoli dunque partono in gruppo sul far della notte e proseguono scortati fino al mattino successivo, quando i militari si staccano dalla scorta e rientrano in città. Nel prosieguo i veicoli si disperdono e si riaggregano a seconda delle necessità.

Durante il viaggio i passeggeri, soprattutto quelli disposti sulle sponde del cassone, devono mantenersi sempre ben svegli per evitare di perdere la presa ed essere scaraventati al di fuori dagli scossoni dati dalle asperità del terreno. In caso di caduta frequentemente i passeggeri sono lasciati a se stessi nel deserto, senza una necessità: che sia semplice sadismo o intento minatorio nei confronti dell’equipaggio, fatto sta che numerosi corpi insepolti sono rinvenibili nelle sabbie lungo il tragitto.

Il trasferimento fino alla Libia dura diversi giorni, a seconda dell’estensione delle soste, che possono anche allungarsi in caso di qualche guasto ai veicoli.

La frontiera non è segnalata: i testimoni hanno riferito semplicemente della presenza di una base militare nigerina situata nell’estremo nord del paese nei pressi della frontiera e di qualche raid da parte di pattuglie mobili libiche quali unici indici percepibili dei confini fra i due Stati.

Le perquisizioni da parte dei militari nigerini o delle milizie libiche spogliano i passeggeri degli ultimi residui risparmi prima del loro arrivo nelle cittadine del Fezzan.

La rotta maliana è leggermente più complessa: da Gao il trasferimento dei migranti avviene a bordo di grandi camion da movimento terra fino a Kidal e oltre. Poi, in prossimità della frontiera il trasporto avviene a bordo pick-up. La frontiera, qui segnalata, viene attraversata in almeno due valichi a piedi. Arrivati in territorio algerino, altri gruppi di trafficanti si occupano del trasporto fino ai centri urbani in cui riprende la circolazione ordinaria.

Giunti sul territorio metropolitano algerino, dove sono sottoposti formalmente a provvedimenti di espulsione, i migranti si fermano diverso tempo a svolgere mansioni di manovalanza per finanziarsi la partenza per la Libia, che si raggiunge attraversando la frontiera tra la città algerina di Deb-Deb e quella libica di Gadames.

Nel territorio maliano si verificano ancora incursioni da parte della locale insorgenza e non sono mancati sequestri a scopo di arruolamento. Ciononostante, la tratta nigerina secondo le testimonianze assunte risulta la più violenta a causa della condotta dei trafficanti.

I conducenti dei veicoli, muniti di armi, sono i primi veri e propri trafficanti di esseri umani incontrati dai passeggeri. Sono di etnia nera, ma di lingua araba (comunemente definiti black Arabs dalle persone sentite).