F1.- ATTRAVERSO IL SAHEL

Contrariamente alle deportazioni avvenute verso il continente americano tra il XVI ed il XIX secolo, i migranti partono dai rispettivi paesi in condizioni di libertà. Qualsiasi siano le condizioni economiche in cui versano, ovvero qualsiasi siano i pericoli effettivamente vissuti a causa di un conflitto od una persecuzione, il viaggio inizia per effetto di una scelta di ogni singolo migrante, non per effetto di una cattura ed una successiva deportazione forzata.

Nella quasi totalità dei casi, prima di partire ogni singolo migrante entra in contatto con una rete, che garantisce una serie di contatti lungo tutto il percorso terrestre, ovvero i luoghi di imbarco sulla costa libica. Le prime figure che i migranti incontrano di questa rete sono i cd. « coxeurs ».

Con questo termine si designano nel linguaggio dei migranti le figure di secondo piano dell’intero circuito della tratta, che si possono occupare tanto del reperimento di clientela, quanto dell’indirizzamento dei migranti verso la destinazione d’arrivo, quanto ancora del loro alloggiamento durante l’intero trasferimento. Tratto comune di queste figure è la mancanza di armi: sul piano economico possono assumere anche grande rilevanza, ma sotto quello militare, diversamente dai trafficanti veri e propri, non sono armati e non esercitano il controllo sul territorio dove operano.

Nei paesi di partenza i coxeurs si occupano dell’ingaggio di nuovi clienti nella rete cui appartengono, dell’acquisto di biglietti di pullman di linea e della costituzione dei contatti telefonici da seguire durante il tragitto fino a destinazione. Una volta instaurato il contatto la rete esercita un controllo nominativo dei propri “clienti” fino alla destinazione convenuta mediante una catena di coxeurs in contatto tra loro per via telefonica.

Anche i pagamenti sono gestiti tramite questa rete di contatti: i riscatti dei migranti sequestrati nelle carceri libiche avvengono infatti mediante pagamenti in contanti nei paesi di origine nelle mani dei coxeurs in contatto con i sequestratori.

Nella parte iniziale del viaggio (che può durare tra i mille ed anche i quattromila chilometri) il trasferimento avviene a bordo di pullman di linea. Diverse compagnie hanno creato una vera e propria rete di trasporto internazionale che collega i paesi sub-sahariani alle due cittadine di Gao o di Agadez, situate entrambe ai confini meridionali del deserto del Sahara.

Durante questa fase iniziale del viaggio, che generalmente dura da qualche giorno a non oltre due settimane, i migranti dormono o sui mezzi durante gli spostamenti, o nelle stazioni, dove sono organizzati dei veri e propri dormitori, in cui accade di tutto: luoghi privi di controllo da parte delle località autorità di sicurezza, vi imperversano bande il più delle volte giovanili dedite alla rapina ed alla violenza ai danni dei viaggiatori. A seconda delle condizioni di disperazione, non sono infrequenti casi di furti e rapine consumati anche da migranti ai danni di altri migranti.

In questa fase del viaggio si innestano le prime due economie perverse che traggono vantaggio dalla tratta: quella delle compagnie di trasporto, che hanno visto incrementare la domanda sensibilmente al punto da istituire linee specificamente dedicate al trasporto di migranti, con pullman specificamente adattati con panche di legno al posto dei sedili al fine di aumentarne la capacità; quella delle forze militari e di sicurezza, il cui personale si è stabilmente dedicato al taglieggiamento dei viaggiatori.

Quest’ultimi si muovono privi di passaporto e talvolta anche di documento d’identità; non dispongono certamente di visti di ingresso e tuttavia riescono ad attraversare le frontiere, pagando una sorta di pedaggio che viene coattivamente preteso da pattuglie, fisse e mobili, di personale militare e di polizia, dislocate sulle principali vie di comunicazione.

Gli unici mezzi “attenzionati” da queste pattuglie sono proprio i pullman di linea, i cui passeggeri sono fatti smontare, messi in fila, e controllati ad uno ad uno affinché provvedano al pagamento del pedaggio richiestogli: l’equipollente di pochi euro, che sul territorio maliano, burkinabé e nigerino viene esatto a suon di vergate con canne di bambù, tubi da irrigazione, calci di fucile, fino a provocare talvolta fratture e lesioni interne, se non addirittura la morte.

In questa fase del viaggio, dunque, i passeggeri procedono ancora a piede libero, hanno ancora la possibilità di invertire la direzione e tornare al proprio paese, ma sin da ora sono già oppressi da un’aria di intimidazione costante cagionata dalle violenze sia della criminalità comune (nelle stazioni durante i pernottamenti), sia dei personale armato lungo i posti di blocco.

Già in questa fase del viaggio, tuttavia, si manifestano i primi segnali di privazione della libertà e di commercio di esseri umani: si è già visto che ai posti di blocco i poliziotti e militari estorcono a suon di vergate modeste somme ai passeggeri. Può succedere che quest’ultimi abbiano esaurito i propri pochi risparmi per effetto di un furto o di una rapina presso le stazioni di sosta o per semplice noncuranza nell’accantonare il denaro necessario. Quando non vi sia nessuno a pagare il pedaggio (talvolta i passeggeri si aiutano l’un l’altro con le spese) i migranti vengono prelevati dai pullman e trattenuti a terra. Nessuno dei testimoni sentiti ha assistito a ripartenze di viaggiatori precedentemente fermati ai posti di blocco, se non nei pressi di Agadez, dove numerosi coxeurs a bordo di motociclette stazionano nei pressi del posto di blocco all’ingresso della città e si offrono di riscattare i viaggiatori. Questi viaggiatori diventano pertanto vera e propria proprietà della rete, che provvederà a trasportarli a proprie spese verso la Libia, dove avrà modo di ricattare ulteriormente le rispettive famiglie, di sfruttarli come schiavi o persino di torturarli per indurre gli altri migranti nel terrore e annullarne ogni capacità di resistere o altrimenti sottrarsi alle violenze.