PRIMA DI TUTTO: CONTESTUALIZZARE

PRIMA DI TUTTO: CONTESTUALIZZARE

La più grave insidia nel prendersi cura dei problemi di giustizia, ed in particolare di temi forti come la tratta degli esseri umani, è cadere nella trappola dei pregiudizi.

Nella comunicazione servita dal pensiero dominante, si ricorre costantemente al medesimo espediente: la decontestualizzazione dei fatti.

Come si decontestualizza? Si osserva un fenomeno, lo si riprende con uno strumento di osservazione, ed attraverso questo strumento si zooma l’inquadratura su un unico particolare, si sposta il fuoco di volta in volta a seconda della convenienza e si priva lo spettatore della visione di insieme.

Sul tema della tratta basta fare primo piano su un’immagine drammatica: i poveri resti spiaggiati di un bambino, la mano protesa di un naufrago che sta affogando, il frutto di una qualsiasi tragedia e si coinvolge lo spettatore in una “chiamata alla solidarietà”, come un tempo si faceva “alle armi”, confidando su una reazione istintiva del suo senso di giustizia.

Mai si propone la visione di insieme, mai si spiegano da dove tragga origine l’episodio ripreso ed a quale meta sia destinato. Tanto meno si spiega qual sia il contesto di interessi, di risorse, di opportunità, di violenza, di intenti al cui interno si può persino dominare con determinismo causale il singolo dramma di volta in volta ripreso. 

Per superare l’insidia postaci dai principali strumenti di comunicazione, occorre elaborare un metodo critico che ci avvicini alla realtà dei fatti, ovvero proprio la loro contestualizzazione nella concatenazione di cause che ci vengono strumentalmente occultate.



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